Questa è la storia di un viaggio, un viaggio breve, ma molto intenso, che ci ha condotto di uno dei luoghi più misteriosi da scoprire… l’essere umano.
Il 28 e 29 settembre 2019, negli spazi del Centro Movimento Solaris di Bologna, ha avuto inizio l’avventura del workshop di alta formazione attoriale “La Meccanica del Corpo”, alla sua prima edizione: un workshop che ha trovato la sua originalità e forza nella metodologia e nell’unione tra la ricerca teatrale della compagnia LegÀmi e le tecniche di circo educativo che il contenitore progettuale dedicato all’infanzia Circo Sotto Sopra porta avanti da anni.
In realtà, “La Meccanica del Corpo” è stato molto più di questo e con gli occhi e le parole di chi ha visto la nascita e la realizzazione di questo progetto proverò a raccontarvelo.
Esperienze diverse, origini e lingue diverse, vite diverse, diversi i sogni, i desideri, le aspettative, le speranze … questo è stato l’inizio, il punto di partenza che ha visto riunirsi un gruppo di sconosciuti in una stessa stanza e attraverso il Teatro ha creato quella particolare sinergia artistica che li ha guidati fino alla fine del percorso formativo.
Con un po’ di timidezza e qualche incertezza la prima giornata del workshop è cominciata con le dovute presentazioni per poi addentrarsi nel lavoro sulle tecniche di Teatro Fisico e training attoriale sviluppato dalla compagnia. Si percepiva nell’aria una certa elettricità, quell’emozione forte, ma ancora trattenuta, di entusiasmo, di voglia di fare e di esserci.
I primi approcci teatrali hanno fatto rapidamente nascere la giusta concentrazione, la giusta sintonia e il gruppo non ha esitato a farsi coinvolgere nelle esplorazioni spaziali e fisiche che si sono sviluppate: ben presto il corpo è diventato l’unico protagonista, non esistevano più persone chiuse nel proprio vissuto, non c’erano più individui saldamente protetti da barriere e filtri, da parole imposte o convenzionali … esisteva solo il corpo e il suo potente linguaggio.
E allora vai con il movimento pensato, ma non ragionato, i gesti liberi e scattanti, le partiture fisiche, a volte meccaniche a volte semplici a volte ingarbugliate; vai con la danza e il contatto, gli sguardi si fanno carichi e penetranti, l’energia sale e si è investiti da una voglia di libertà e verità.
Ci si rende presto conto che tutta la diversità che ci ha reso chiusi e ciechi fino ad ora altro non è che un trampolino verso l’Altro, un modo per comunicare e relazionarsi con chi è diverso da te: le tecniche attoriali messe in campo hanno abbattuto i muri sociali ed esperienzali del gruppo, lasciando solo la bellezza delle loro diversità e la verità indiscussa del loro Io.
Dopo la fisicità gestuale delle prime esplorazioni, la voce ha fatto il suo ingresso con la potenza di un coro, non isolandosi dal corpo, ma anzi scaturendo da esso: il corpo diventa quindi risuonatore musicale, contenitore naturale di uno strumento che può produrre ritmi, partiture, suoni, che può comunicare la propria purezza all’Altro senza i limiti di intonazioni, di giusto o sbagliato, di rigidi spartiti; la voce esce naturale, ogni volta diversa in base alla sua origine (di pancia, diaframma, di gola, di naso, di testa …), ma ogni volta carica di tutti quei significati che ci rendono chi siamo.
L’indagine sull’umano, che è stato il focus delle due giornate di formazione, ha trovato la giusta chiave nella volontà di recuperare, ritrovare un particolare tipo di sguardo, che ci consentisse di vedere le cose da un altro punto di vista, in maniera più aperta, più magica, più vera: lo sguardo dei bambini. Il modo che hanno i bambini di vedere il mondo che li circonda è ciò che strada facendo quasi tutti hanno perso, ma è anche forse l’unica soluzione per tornare a sognare ancora, per aprirsi all’Altro, combattendo l’imperante individualismo che dilaga e rendendoci una comunità più sana.
Un tuffo nel passato! Così è stato quando, sul finire di questa prima giornata di formazione, la stanza si è riempita dei suoni, delle filastrocche, canzoni, poesie e versi che hanno colorato la nostra infanzia. In un susseguirsi senza interruzioni di perform-azioni, ogni partecipante ha condiviso con il gruppo poche e brevi parole che hanno fatto parte della sua storia di bambino. Da queste parole cantate, recitate, dette, urlate, sussurrate, mimate, sono nate delle interazioni performative che hanno coinvolto attivamente i partecipanti e tenuto col fiato sospeso chi guardava: formule così innocenti perché legate a precisi ricordi d’infanzia si trasformavano improvvisamente in qualcos’altro, assumevano un’altra forma, un’altra natura forse perché dette in un modo diverso da come ce li ricordavamo o perché la condivisone di quel momento le caricava di un significato altro che ci entrava dentro. Sta di fatto che quel bambino che avevamo dato per disperso improvvisamente è ricomparso portando con sé tutta l’innocenza di uno sguardo e la serietà del suo giocare.
E se la prima giornata si è conclusa nella consapevolezza di chi eravamo, la domenica non poteva mancare la vetrina di mini performance create e messe in scena dagli ragazzi partecipanti al workshop: in questo momento di pura condivisione e apertura ognuno ha portato in scena un pezzo di sé, della sua storia, delle sue paure e speranze per il futuro attraverso multiformi interpretazioni. Dal mimo alla clownerie, dal teatro-danza al teatro contemporaneo fino al teatro delle ombre, ogni attore ha dato vita al proprio sentire e sentirsi, creando attimi di risate, spensieratezza, riflessione, condivisione, apertura e infinita bellezza.
Abbracciata e tenuta stretta questa sensazione di gioco, libertà, verità, incanto, domenica si è tornati davvero bambini prendendo parte poi ad una lezione dimostrativa di circo educativo: tra esercizi di giocoleria, acrobatica, equilibrismo e teatro di figura i “bambini” si sono divertiti a esplorare il mondo delle arti circensi in tutte le sue tecniche lanciandosi in spettacolari capriole nel cerchio, creando ammalianti figure acrobatiche, sperimentando complessi passaggi di palline da giocoliere, scoprendo l’arte di maneggiare e interpretare un puppet. Ma la cosa che più colpiva chi osservava dall’esterno era lo sguardo negli occhi di quei “non più bambini”, tornati per un giorno a meravigliarsi, a stupirsi, a osare, a mettersi in gioco senza paura e senza pregiudizi.
Che bello sarebbe guardare una strada e immaginarla un mare, trasformare il pavimento in lava, vivere avventure senza tempo e sentirci semplicemente noi.
Selene
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28-29 settembre 2019
La Meccanica del Corpo – workshop di teatro fisico e circo educativo
presso il Centro Movimento Solaris, via Farini 24, Bologna
ph. Michela Sartini